Fabian Volti ritratto nella Factory Sardinia Fashion

FABIAN VOLTI

IL COLORE DELLE TENEBRE

FOTOGRAFIA

Letti sfatti e celle disadorne. Materassi che ancora vibrano di esistenze umane. Al PoliFunzionART, Fabian Volti, 30 scatti e un carcere, per raccontare quel vuoto

È lasciato allo sguardo dello spettatore il compito di riempire quei luoghi di una presenza umana che non c’è più. Ci sono oggetti ovunque, scampoli di residenze e vite tormentate. «In quelle celle, in quei letti potevi ancora avvertire l’odore di quei corpi», ci racconta Fabian Volti, autore dei 30 scatti esposti, presso il PoliFunzionART di via Roma a Nuoro.

È il carcere di San Sebastiano a Sassari, costruito secondo il modello “Panopticon” ideato da Bentham nel 1791. Strutture a forma circolare che consentono ad un solo individuo di tenere sotto controllo tutti gli altri. Quella scelta architettonica che, molti anni più tardi, Focault stigmatizzerà come una forma di governo, uno dei tanti modi per esercitare il potere.

Un carcere nel carcere, perché proprio la sede del centro polifunzionale di via Roma sorge dalle ceneri de “La Rotonda”, la vecchia casa circondariale nuorese che una certa politica, con lo sguardo corto sulle cose, fece demolire nel 1975.
fabian volti Nuoro - Galleria della mostra LUCI OLTRE LE SBARRE di Fabian Volti Cosa vuol dire entrare in un carcere dove non c’è più nessuno?
«L’assenza della presenza umana per me è stata un sollievo. Ma vuol dire anche entrare in un luogo buio. Non c’era luce a sufficienza, le condizioni peggiori per fare fotografia. Il San Sebastiano venne chiuso nel 2013. Da quel momento iniziò una lunga trafila fatta di corrispondenza tra me e le autorità carcerarie. Dopo un anno e mezzo ottenni, dal provveditore De Gesu, l’accesso per lavorare dentro a quelle mura. Due giorni: questo era il tempo che mi era stato concesso. Quando sono arrivato l’opera di pulizia, di smantellamento, non era ancora nella fase avanzata. Si era iniziato dagli arredi di una biblioteca e dai laboratori. Ma non le celle. Quelle erano ancora intatte. Arrivai sul posto alle otto del mattino. Le guardie che mi aprirono, e che mi accompagnarono all’interno, mi dissero che avrei dovuto fare il tutto nella stessa mattinata, adducendo al fatto che i costi per mantenere quel posto aperto per due giorni sarebbero stati eccessivi. Non capivano il motivo per il quale fossi lì: mi chiedevano cosa ci fosse di bello da fotografare in un carcere. Mi stavano dietro come per mettermi fretta. Verso l’ora di pranzo avevo terminato: tra pellicola e digitale vennero fuori 630 scatti».

Che sensazioni si provano a varcare quella soglia?
«Una forma di costrizione. L’ho subito avvertito come un luogo che non appartenesse a me. Non ho mai avuto la presunzione di pensarlo come un posto che io potessi conoscere alla perfezione. Ci sono due fasi: la prima è quando ti danno l’autorizzazione a entrare nel carcere. La seconda è quando quel luogo ti cade addosso. Non dimenticherò mai certe sensazioni, visive e olfattive: i letti a castello avevano ancora le coperte, come se qualcuno si fosse appena alzato per andare via. Ripeto: sentivo l’odore di quelle persone».

Quale è il compito di un fotografo quando entra in queste strutture?
«Anche il carcere fa parte del vissuto di una società e quindi va rimesso in discussione. Come vive colui che è penitente? Dove sta il penitente? Con la mia indagine visiva volevo esattamente questo: spingere anche l’osservatore a farsi domande».

Come è nata la mostra, da dove è partita?
«La prima provinatura la feci a Nuoro nello studio Artech di Giuseppe Serra: in formato 50x60. Da lì andammo in mostra alla Sala Duce del Palazzo Ducale di Sassari. Successivamente fu la volta di Cagliari, dentro le mura del Lazzaretto, sino poi a ritornare nella città dove vennero stampate: qui a Nuoro».

La mostra si è appena conclusa. Cosa porterai via con te di questa esperienza?
«Quello che mi ha sorpreso: alcuni ex detenuti mi hanno scritto dicendomi di aver riconosciuto le loro celle. Uno di questi si è presentato all’inaugurazione. Credo che sarà una di quelle persone che coinvolgerò in uno dei miei prossimi progetti».

PHOTOGALLERY

  • Fabian Volti - Luci oltre le sbarre
    Fabian Volti - Luci oltre le sbarre
  • Fabian Volti - Luci oltre le sbarre
    Fabian Volti - Luci oltre le sbarre
  • Fabian Volti - Luci oltre le sbarre
    Fabian Volti - Luci oltre le sbarre

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