Danilo Sini e Bruno Petretto

QUELLI COME NOI

ARTE

Uno di fronte all’altro, quasi in contrapposizione, ma solo apparentemente. Al MancaSpazio, Bruno Petretto e Danilo Sini, e quelli come loro.

Quelli come noi, titolo della mostra inaugurata lo scorso 14 febbraio presso la sede espositiva MancaSpazio di Nuoro, allude senza dubbio a una dichiarazione o, se si vuole, a una circoscrizione d’identità.

Curata da Chiara Manca, la doppia personale espone difatti i lavori di due artisti della scena sassarese – Bruno Petretto (1941) e Danilo Sini (1961) – accomunati dall’alterità rispetto a una certa idea di mondo e di condotta, ovvero quella che si ostina a rendere l’essere umano sempre più immune, circospetto e alieno nei confronti di ciò che lo circonda. Una critica consapevole allo spregio e alla diffidenza, dunque, che nel primo si esprime da anni in una ricerca di ascendenza informale e poverista – il legame con la terra, il ritorno alle origini, la riscoperta della natura in ogni forma e fenomeno – mentre nel secondo, soprattutto nelle opere selezionate per l’occasione, si esplicita nella rielaborazione personale di alcuni ruoli (religiosi, culturali, sociali) considerati tradizionalmente archetipici.
Bruno Petretto, Danilo Sini MANCASPAZIO - Installation view Il senso di un’intesa e di uno scambio finanche confidenziale tra le poetiche di Petretto e Sini si rafforza nella coabitazione e nel dialogo reciproco tra i rispettivi lavori all’interno della galleria. E poco conta, nella difesa di determinate idee volutamente slegate da ideologie fallimentari, l’essere o sentirsi minoranza: la canzone di Claudio Lolli a cui si rifà il nome del progetto (Quelli come noi, per l’appunto, contenuta nell’album Aspettando Godot del 1972) la dice lunga già dall’incipit sulla necessaria ammissione di certe consapevolezze, quasi un’autocoscienza del “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” di montaliana memoria: «io e un mio amico certe volte ci troviamo» esordisce il cantautore, prima di dare il via alla descrizione di «quelli come noi, che son venuti su un po’ strani». Così, affini e “dirimpettai”, Sini e Petretto si fronteggiano sulle pareti opposte in un’atmosfera che non è azzardato definire complice. Gli unti (1996) del primo, sulla sinistra, osservano il modo in cui, per l’altro,La natura si racconta (2018) nell’applicazione di pelli, licheni e fibre di fico d’india su sette piccole tavolette di legno; e sempre dai loro supporti di carta fatta a mano – rimando autografo a un’artigianalità dell’arte a partire dalle basi – questi undici eletti contemplano la maniera in cui il creato sa spiegare se stesso fuori e dentro le pagine di unLibro d’artista (2018), oggetto che proprio nelle apparenze dell’informe e dell’informale svela paesaggi, prospettive, altezze, abissi, profondità esplorabili e percorribili in senso concreto o metaforico. Forti di un non meglio specificato sigillo dell’unzione, a loro modo privilegiati da una prossimità alla sfera della sacralità e dell’alterità che li rende immuni da criteri di giudizio facenti capo all’etica e alla morale comuni,L’angelo, Il santo, Il papa, Il cardinale, Il frate, La ninfomane, La pornodiva, Il tossico, L’uomo della superficie, L’uomo impaziente e L’uomo paziente assistono in prima fila – ma non è dato sapere con quanta buona o cattiva coscienza – a uno spettacolo che è di pura stupefazione, un incanto troppo spesso snobbato nel suo essere patrimonio comune e condiviso.
Bruno Petretto, Danilo Sini MANCASPAZIO - Puppet 17 La critica severa nei confronti di un’indifferenza che è sempre connivenza rispetto a ciò che si preferisce ignorare trova tuttavia una sua controparte più indiretta in Puppet 17 (2013), opera in cui Sini e Petretto si incontrano – rispettivamente in qualità di ritrattista e di personaggio ritratto – sotto le insegne dell’omaggio e dell’autoironia. Nel bel dipinto, difatti, il volto da patriarca biblico dell’artista più anziano si staglia in bianco e nero e di tre quarti contro un allusivo e simbolico fondale color magenta, lo sguardo assorto e fisso verso il fuori campo, nella perenne consapevolezza della coroncina di spine che gli adorna con dolore il capo canuto. Epperò guai a limitarsi a questa prima impressione: i toni solenni dell’olio su tela, con i suoi espliciti rimandi alla cristologia e alla martirologia – ma anche, perché no, a un possibile sciamanesimo sincretico rivolto alle divinità naturali – si alleviano non appena se ne traduce il titolo in lingua italiana, per arrendersi all’evidenza di come puppet, in realtà, non significhi altro che fantoccio, pupazzo, burattino, marionetta. Quanta efficacia, dunque, per il sacrificio di sé nell’arte, se la sagoma di un ex voto e quella di uno smile (più ghignante che bonario, in verità) si sovrappongono senza gerarchie, e se la stessa autodeterminazione si rivela una pia (ma anche laica) illusione?

Una possibile via di fuga rispetto a una domanda così colossale da risultare annichilente si trova forse poco oltre la cornice di legno bruciato, laddove il duplice Omaggio a William Turner (2017) dello stesso Petretto immerge lo sguardo dell’osservatore nelle atmosfere che hanno reso celebre il pittore inglese vissuto al crocevia tra Settecento e Ottocento. Circoscritta nelle dimensioni di un grande disco che ricorda quello solare e di un rettangolo che si sviluppa in orizzontale come il più imperscrutabile dei cieli e degli orizzonti marini, la pelle su legno – liscia, ruvida, irregolare, fitta di reticoli, venature, lacerazioni, strappi, piegoline e impressioni – diventa aurora, crepuscolo, bruma, nebbia, nuvola attraversata da fasci accecanti, specchio d’acqua intorbidato da sbocchi dorati; nient’altro che materia organica trattata con sapienza, a suggerire, proprio nella rinuncia di una figurazione esplicita, quell’astrazione che l’artista d’oltremanica amante dei panorami e della forza degli elementi non teorizzò e non concretizzò mai. Quelli come noi, evidentemente, non si accontentano, né del dato reale in sé e per sé, né della sua retinica riproposizione: molto meglio, dunque, farne materia da cui ripartire, simulacro da inquisire, stereotipo da sovvertire.

Danilo Sini e Bruno Petretto - Quelli Come Noi

Dal 14/02/2020 al 28/02/2020 - Dal lunedì al sabato. Dalle 17.00 alle 20.00

DOVE

MANCASPAZIO - Via della Pietà n. 11, Nuoro

Photo Cover and gallery courtesy of Fiamma Di Crosta

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