Christian Dior - Il dittatore della moda
di Carlotta Lucato


Maria Pezzi, storica collaboratrice della pagina di moda del quotidiano “Il Giorno”, lo descriveva con “faccia e fisico da curato di campagna”.
Era un uomo schivo e la fortuna lo toccò solo dopo i quarant’anni.
Odiava viaggiare e cercava di rimanere il più possibile nella sua amata Parigi, tuttavia un infarto se lo portò via giovane, a poco più di cinquant’anni, in un hotel di Montecatini.
Gli bastarono però solo dieci anni di attività, dal 1947 al 1957, per gettare le basi della moda contemporanea, fondare un impero economico ed essere considerato, in vita e dai posteri, uno dei più grandi creatori di moda mai esistiti.
Christian Dior è stato tutto questo e la maison che ancora porta il suo nome alterna al vertice grandi stilisti che interpretano a modo loro lo spirito del fondatore, tenendo però sempre presente che un abito Dior deve contenere in sé eleganza, femminilità e gusto.
Infatti, mentre altre grandi firme costituiscono sinonimo di uno stile, Dior esprime da quasi sessant’ anni tutta la magia della moda e la capacità che essa ha di rigenerarsi continuamente. 
É dal 12 febbraio 1947, cioè dalla prima sfilata del couturier francese, che il ruolo dell’ alta moda subisce una netta trasformazione: da privilegio di poche essa diviene un codice di comunicazione universale, e questo grazie alle doti non solo artistiche, ma anche imprenditoriali dello stilista di Granville, che hanno reso possibile la trasformazione di un atèlier di moda in un' industria mondiale con sedi in tutto il mondo e migliaia di dipendenti.

In un' epoca in cui l’ Europa stava uscendo con difficoltà dalla precarietà e dalle miserie della Seconda Guerra Mondiale, sopportando ancora forti disagi (scioperi, disoccupazione, penuria di ogni bene), il debuttante Dior esordì con una collezione denominata “Corolle”, fatta di gonne dalla vita stretta e lunghe fin sotto il ginocchio, per la cui produzione erano necessari fino a venti metri di stoffa, accompagnate da bustini aderenti e tesi ad esaltare le curve femminili.
Si trattò di una vera e propria rivoluzione del gusto, che cercava di riportare in auge l’eleganza della figura femminile tra la Belle Epoque e la fine degli anni '30 prima che la Grande Guerra imponesse uno stop forzato all' industria della moda, costringendo le donne europee ad indossare gonne sopra al ginocchio per risparmiare stoffa e a calzare scarpe col tacco in sughero perché più economiche.

Per coloro che assistevano al defilé al 30 di Avenue Montaigne a Parigi si trattò di un autentico shock: si trovarono davanti alla massima espressione creativa della voglia delle europee di riprendersi la propria vita dopo le sofferenze degli ultimi anni, di rialzare il capo per ritrovare la salute e la gioia.
Fu Carmel Snow, mitica caporedattrice della versione statunitense di “Harper’s Bazar”, a conglaturarsi con lo stilista per la sua freschezza, scrivendo che si trattava di una vera e propria rivoluzione che conduceva la moda verso un “meraviglioso New Look”.
Sarà proprio con questa espressione che d'ora in poi si designerà il principale apporto di Dior alla moda del Dopoguerra e che rappresenterà uno spartiacque nella stessa concezione della moda, che con Dior si trasforma in usanza più o meno mutevole che si insinua nel modo di vestire di una comunità, non più di una ristretta cerchia di èlite.
Intendiamoci, erano comunque poche elette coloro che potevano permettersi una creazione del padre del New Look, ma per la prima volta nella storia le donne meno abbienti si preoccuparono di poter indossare abiti che si rifacessero alla tendenza imperante nei salotti di lusso - manifestando quindi, per la prima volta con tanta forza, il desiderio di essere “alla moda” - correndo a comprare stoffe per potersi cucire abiti con scollature a balconcino e gonne fruscianti e vaporose, vestendosi così alla “New Look”.
Questa consuetudine, che può essere considerata una vera e propria rivoluzione sociale, portò Dior ad intraprendere una strada che porrà le basi per la trasformazione delle maisons di moda in multinazionali del lusso: quella della concessione di licenze.
Infatti, la visita condotta da lui personalmente negli Stati Uniti gli permise di rendersi conto dei numerosi tentativi di imitazione, più o meno rozzi, da parte di piccoli stilisti e sartine, ma soprattutto da parte dei grandi magazzini, che negli Stati Uniti facevano la parte del leone nel settore dell'abbigliamento.
Per tutelarsi il couturier decise allora di creare dei modelli appositamente per il mercato americano; questi sarebbero poi stati venduti ai negozi, che li avrebbero eseguiti secondo direttive rigorose dettate dalla sede di Parigi.

Nel contempo, si gettarono le basi per le prime concessioni di licenza ad altre aziende per la produzione di abiti, accessori, profumi sotto il nome Dior; nasce per la prima volta nella storia un impero commerciale della moda, che ancora oggi, a quasi cinquant' anni dalla morte del suo fondatore, mantiene inalterato il suo potere nel fashion system ed il suo fascino presso le donne di tutto il mondo.
La ritrosia che Dior provava verso il viaggio lo portò a passare la maggior parte della vita a Parigi; fu, tuttavia, nella Ville Lumière che si rese conto di come il suo ideale di donna potesse vivere lì quanto a Londra, a Roma, a New York come a Tokio, perché l’eleganza è un concetto universale, che esula dalle tradizioni socio-culturali delle persone.
Questo portò lo stilista a creare collezioni evocatrici di viaggi, incontri, esotismo: ne sono un esempio le stampe “Jungle” del 1947 di ispirazione africana, l’ ispirazione ai gauchos del 1949, le forme a pagoda per le gonne nella collezione p/e 1952. Proprio questo aspetto della tradizione Dior, che fu portata avanti anche dai suoi eredi professionali - Yves Saint-Laurent il suo delfino naturale; Marc Bohan, che dal 1960 al 1989 esprimerà lo spirito del fondatore con misura ed eleganza; Gianfranco Ferrè, la cui creatività si rifà tanto alle prime, opulente creazioni di Dior quanto alla contemporaneità; infine John Galliano, che reinterpreta l’ eleganza e lo stile Dior con il suo spirito di sperimentatore e di anticonformismo - viene messa ora in mostra nella casa natale dello stilista a Granville, in Normandia, fino al 24 settembre, con il titolo “Christian Dior et le monde” che espone cartelloni pubblicitari, foto e ovviamente abiti, tesi a dimostrare quanto le diverse culture del mondo abbiano influenzato la creatività del maestro e dei suoi successori.

Una mostra che vuole anche mettere in luce lo spirito di avanguardia di Dior, che già negli anni '50, con le sue filiali per il mondo e le concessioni di licenza, ha istituito per primo una “globalizzazione industriale” che vedrà il suo massimo sviluppo a partire dagli anni '90 con colossi della moda quali, ad esempio, la LVMH di Bernald Arnault, che peraltro oggi detiene il 65% della stessa Dior.
Insomma, il New Look l’anno prossimo compirà sessant’anni, ma di diventare “Old Look” proprio non ne ha voglia.

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